vendredi 25 avril 2008

Poesis in progress



Già è finito il tuo tempo.

Come il bianco coniglio, hai corso

Coi numeri che t’uscivano dal lembo

Del panciotto, come sbuffi dopo un sorso

D’acqua gelata. Non erano ore le tue;

erano altra cosa, una realtà altra –

un felice squarcio nell’Infinito. I due

soli piani che conosciamo fusi in un’ultra

sfera di atemporalità. Ma noi continuiamo

a correre, incespicando nel conto irreale

delle ore, secondi, minuti, anni e ritorniamo

a pensare a giorni, mesi, secoli, decadi. Astrale

congiungimento di forze e colori: le tue piogge.

Tic-tac-tic-tac-pausa: hai esaurito le tue stille,

Aprile, d’ogni genere d’umori, calori, e fogge

Ed ora bada al tuo sole dai cento toni e mille

Gradi. Culla i dolci pargoli della morte, in terra

Fredda e umida siccome non odono la tua ninna,

asciuga loro le ossa, riempili di vitali fiori, serra

i tuoi umori in un dolce languore di manto. Tintinna

già il vento estivo, che ruba la morte alla vita.

Ed io sento schiaffi e calci di ricordi lontani.

Il viso mi diventa come dopo la piccola morte l’ignita

Guancia e corro anch’io attraverso un bosco d’inani

Numeri e di foglie ingiallite – per non ricordare,

per non pensare. E non mi curo delle mie vesti lise,

del sudore imperlato sul viso, delle braccia – mare

in fortunale, inquiete onde – delle gambe menadi. Mise

uno specchio, si dice, in un bosco, l’Eterno – passaggio

attraverso la Sua verità, ma solo i d’animo puri

avrebbero squarciato il velo. Gl’altri, per retaggio,

avrebbero visto sé stessi riflessi...

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