
Una volta credevo alla potenza della parola. Ora credo alle tante parole che si potrebbero dire e che non si dicono, al silenzio tra una parola e l'altra, agli sguardi.
Oggi credo in cose più evanescenti. E poco importa se non diventerò ciò che sognavo, infondo non merito la nomea, e non la meriterei, di scrittore. Non bisogna aver vissuto per essere "scrittore", ci vuole il "saper scrivere".
E credo che persone che mi circondano siano più capaci di me. In verità, potrei dire che l'università ha prosciugato la mia creatività, l'ha resa sterile. Una volta sapevo scrivere. Sapevo scarabbocchiare, una volta sapevo fare cose ultra-creative, pensare come un gay trentenne a New York (ma va là!). Ora la permanenza nella R1 mi ha fatto comprendere di non sapere più gestire il mio estro. Ora l'incontro con persone "altre" mi ha rivelato l'opacità delle mie doti.
C'è sempre chi ne sa più di te, chi sa farlo meglio di te, chi è incapato più di te. E allora che fare? Io cerco di continuare con la mia vita, allontanando certi pensieri. Fare finta di nulla è la cosa più bella che esista; capisco quelle persone che se parli loro di politica, scostano la testa e rispondono: "no, non mi interessa", come se gli stessi chiedendo di allearti al partito della lebbra. A volte la cosa più facile è disinteressarsi, fare finta di nulla. Il problema? Quale problema?
Lo so di star ammorbando. Non me ne può fregare meno. A differenza di quello che uno può dire, io non scrivo per gli altri. Io scrivo per me. Lo so, sono un'egoista del cazzo.

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per tutte le parole che vorrei dire
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il vento l'altro giorno ha fischiato una nenia con più risposte alle mie domande di quante yahoo answers ne possa dare.


















