Non ho scritto per un bel po’. Qualcuno dice che la causa va ricercata in facebook. Io non credo. La causa va ricercata nel fatto che non mi funzionasse il Word 07 e al fatto che ero troppo confuso per scrivere.
Al di là di tutto, io voglio scrivere come se scrivessi a me stesso e forse non sono pronto per parlare con me stesso ancora. Troppo confuso. Ma confuso da che? Dalla vita, magari. In questo periodo a tratti risento dello spirito natalizio che mi caratterizzava quando ero più piccolo, le cose che facevo erano assurde; tipo scrivere canzoni di natale e chiudermi nella stanza da pranzo fingendo di stare davanti ad una platea e ballare Joy to the world, mentre erano tutti fuori a vivere la vita. Cose che solo certi tipi di gay o ragazzine riescono a fare. Non che io mi metta a ballare e cantare in camera in questi giorni, è solo che una parte di me si sente molto episodio natalizio di Ally Mcbeal. L’altro lato di me si sente un inetto. No, non sto per iniziare una parte emo, don’t worry, it’s ok... Sto solo dicendo che, nella convinzione sbagliata di un dodicenne, ora mi ritrovo a pensare: perché non ho un lavoro e non ho mai avuto un lavoro? Ma che cazzo so fare co’ ste manone, solo spararmi delle seghe? Oltretutto, c’è da dire che sto pensando di smettere. È svilente farsi le seghe a ventun’anni... ma esci e va a scopare qualcuno invece di farti pugnette su qualcuno che non avrai mai!
Che so fare? Scrivere? Oddio, penso proprio di no. Settimana scorsa ho rovistato nel mio cassetto (dei sogni infranti, ah, no quello era il boulevard... credo che nessuno l’abbia capita), e ho trovato i miei due manoscritti: Vaghe parole, un romanzetto mal scritto e Non ti chiedere, una bozza di romanzetto, che però mi piaceva come l’avevo abbozzato. Io e Ilaria venerdì ci siamo fatte grasse risate su Vaghe parole (traduzione all’inglese del 2003: wonderer words *_*), un filino troppo naïf per i nostri palati, mentre Miriam ha trovato interessante Non ti chiedere, anche se lo ha definito un misto tra me adesso e un me molto adolescenziale. Eppure, vi giuro che scrivere storie è la cosa più bella che esista; creare delle personalità, delle vite, farli agire, descrivere sentimenti e azioni, descrivere, ti commuove. Avete mai visto il film Stranger than fiction (Vero come la finzione, in italiano)? Bhe, a volte penso che quello è il mio mondo, il mondo della fiction. E poi, mi ritrovo sterile, senza nessuna prospettiva. In bilico. Tra realtà falsata e sogno disilluso.

[ immagine cartolina di Natale della Coca Cola]
E oggi è anche il 24, per molti bambini è l’ora del sognare e forse noi, alla loro età, abbiamo sognato più di loro. Adesso, per molti di noi, Natale è una cartolina della Coca Cola anni ’50, e l’impatto con la realtà è molto grande. Sappiamo che non siamo più bambini e che il tempo di fantasticare lascia il tempo che trova, e a Babbo Natale non chiediamo più le Micro Machines (di cui io andavo matto da piccolo; mi divertivo anche a svestire e vestire Barbie, ma questa è un’altra storia), ma salute per la nostra famiglia, benessere, e attendiamo quel giorno di svolta chiamato capodanno per sperare. Ed ecco che torna il me natalizio che capisce che la Natività è speranza ed evitare di rispondere ai familiari quando loro mi chiedono se ho la ragazza.


























